Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2025

31 FOCUS Civiltà del Lavoro | settembre • ottobre 2025 parte. In questo senso è difficile affidarsi a una trattativa “ministeriale”, che dovrebbe rappresentare i produttori italiani di alimentari e quelli di acciaio allo stesso modo. Nella mia esperienza ho visto molti produttori di beni finali fissare i prezzi in America cercando un eccesso di profitto immediato. Questa tentazione va terminata. Sui beni finali gli esportatori italiani devono assorbire una parte del costo dei dazi, i profitti scenderanno un poco, ma il mercato sarà preservato. Sulle catene di distribuzione bisogna invece trattare non come singola azienda, ma dubito che le associazioni di categoria italiane abbiano le capacità necessarie. Secondo l’Ocse il dazio medio statunitense è al 19,5%, il livello più alto dai primi anni Trenta. Che cosa si può prevedere per il futuro? Potrebbe aumentare ancora? Chi pensa che la politica commerciale di Trump rappresenti un problema passeggero e che si attenuerà qualora la presidenza di Trump perdesse slancio – per esempio con le elezioni di metà mandato tra un anno – deve ragionare sul fatto che i dazi stanno producendo grandi entrate fiscali al bilancio americano. Scott Bessent, il segretario al Tesoro, parla di 500 miliardi di dollari all’anno. Forse saranno di meno, ma anche se si tratta di tasse che pagano in gran parte gli stessi americani, un ammontare fiscale di questo ordine di grandezza rappresenta una fonte di entrate a cui nessun presidente dopo Trump rinuncerà a cuor leggero. Per sostituirlo, sarebbe necessario applicare un’imposta sul valore aggiunto o tagliare servizi essenziali. La permanenza dei dazi è tanto più probabile in considerazione del pessimo stato delle finanze pubbliche di Washington. L’economia americana non sembra aver risentito negativamente dei dazi, almeno per ora. Si stima un leggero calo della crescita e un aumento dell’inflazione. Ma i mercati finanziari non sembrano preoccuparsene. Che cosa si può prevedere per il prossimo anno? L’economia americana è divisa in due. Da un lato gli enormi investimenti nell’Intelligenza artificiale, che pure rappresentano ancora una scommessa, e dall’altro il resto dell’economia, che nel corso del 2025 starebbe crescendo di un misero 0,1% secondo l’economista Jason Furman. Le previsioni di crescita per i prossimi mesi e anni sono dunque interamente dipendenti dal successo o meno dell’Intelligenza artificiale e dalla capacità di trasformare gli altri settori. Inoltre, è difficile giudicare l’impatto economico dei soli dazi perché l’amministrazione contemporaneamente all’imposizione dei dazi (tasse) ha anche assicurato ampi tagli fiscali (meno tasse). L’impatto dei dazi, però, non è solo quello sulle entrate, ma produce una perdita di efficienza dell’economia, che Maurice Obstfeld calcola equivalente a un terzo delle stesse entrate fiscali. Inoltre, il sistema fiscale diventerà più regressivo con conseguenze sui consumi. In generale, credo non sia confutata ancora la previsione di chi ritiene che a regime si avrà uno shock macroeconomico composto da minore attività economica e maggiore inflazione. Si sostiene che per compensare il minore export in Usa l’Italia dovrebbe incrementare i rapporti commerciali con altre aree del mondo, come il Mercosur, l’India e la Cina. È una strategia possibile? E sarà sufficiente? Kenneth Arrow, uno dei più sofisticati economisti matematici del Novecento, che vinse il premio Nobel con la sua teoria del portafoglio, prendeva in giro sé stesso dicendo che aveva vinto il premio sostenendo che non si debbano tenere tutte le uova nello stesso paniere. Il buon senso è una buona guida quando le previsioni sono particolarmente incerte e quindi diversificare i rischi politico-istituzionali aprendo i commerci a nuovi mercati è buona pratica. In fondo, il commercio americano rappresenta circa il 20% del commercio globale. Ne resta un 80% da valorizzare. Tuttavia, i rischi che si manifestano nell’economia più grande del mondo finiscono per riverberarsi su tutto il pianeta. Io credo che le imprese italiane ed europee debbano porsi il problema di affiancare i ragionamenti strategici dei governi europei. Qual è il ruolo dell’Europa? Quale sarà lo scenario euro-asiatico una volta conclusa l’aggressione russa in Ucraina? Quale genere di mercato si aprirà allora per le imprese europee? Gli interrogativi sono grandi e non è il momento di dare risposte piccole. Foto Frennet Studio © Shutterstock Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d'America

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