33 FOCUS Civiltà del Lavoro | settembre • ottobre 2025 Intervista a Lucia TAJOLI di Silvia Tartamella L’Europa sia il nuovo difensore DEL LIBERO MERCATO li esperti l’hanno ribattezzata “weaponization”, ovvero l’uso degli scambi commerciali internazionali come arma e strumento di pressione politica. È la strategia che il presidente Donald Trump ha scelto di adottare fin dall’inizio del suo secondo mandato attraverso annunci shock, passi indietro e nuovi strali, lanciati preferibilmente su Truth, il social network di sua proprietà. L’obiettivo politico è favorire la reindustrializzazione degli Stati Uniti, costringendo le imprese straniere a trasferire la produzione. Lucia Tajoli è professoressa ordinaria di Politica economica presso il Dipartimento di ingegneria gestionale del Politecnico di Milano e nello stesso ateneo fa parte del Comitato scientifico dell’Osservatorio sull’Export Digitale; è anche Senior Associate Research Fellow presso Ispi. A lei abbiamo chiesto che cosa pensa di questa situazione. Professoressa Tajoli, quella che sta perseguendo Trump è una strategia che può avere successo? Davvero le imprese, secondo lei, si trasferiranno negli Stati Uniti? Non credo molto all’efficacia di questa politica perché la decisione di andare a produrre negli Usa dipende da tanti fattori. Il fatto di poter scavalcare i dazi può essere un elemento, ma non è quello decisivo. Lo scorso settembre gli Stati Uniti hanno espulso e rimpatriato quasi 500 lavoratori sudcoreani impegnati in Georgia, in un cantiere per la costruzione di una fabbrica di batterie della Hyundai-LG. Episodi come quello scoraggiano gli investimenti perché questi ultimi hanno bisogno di un mercato del lavoro che funzioni, di trovare la manodopera necessaria. Se questa non c’è, se non ci sono le skills che servono, probabilmente un’azienda quell’investimento non lo fa, a prescindere dai dazi. Alla luce di ciò, il rischio che le imprese europee, e quindi anche italiane, si adeguino e trasferiscano i loro stabilimenti è dunque reale oppure no? Secondo me si tratta di un rischio più immaginato che effettivo e che in ogni caso riguarderà alcuni settori speciLucia Tajioli G L’impegno finanziario è così elevato che, a meno di non averlo programmato per altre ragioni, difficilmente un’impresa investirà soltanto per evitare l’impatto dei dazi
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