non invasive (stratigrafie, radiografie, tac, infrarossi, ultravioletti, imaging iperspettrale) - gli strati nascosti di nove capolavori, attraverso un racconto immersivo e multimediale. In questo dialogo tra arte e scienza, la tecnologia si fa strumento di lettura e meraviglia, permettendo di accedere a dimensioni normalmente non visibili. Grazie a un’accurata indagine scientifica – curata dal team coordinato da Isabella Castiglioni, Professoressa Ordinaria di Fisica Applicata presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e Direttore scientifico Centro Diagnostico Italiano-CDI, con la consulenza dello storico dell’arte Stefano Zuffi – ogni opera rivela appunto una “vita segreta”: decisioni nascoste, pentimenti, cambi di committenza, variazioni compositive e stratificazioni tecniche. Tutti elementi che sfuggono all’osservazione diretta e sono rimasti per secoli celati sotto la superficie. “Per noi l’arte e la scienza sono due facce dello stesso amore per il sapere e il bello che, da sempre, accende il desiderio degli uomini”, afferma Diana Bracco, Presidente di Fondazione Bracco e del Gruppo Bracco. “Con questa mostra sottolineiamo egregiamente il valore delle tecniche di imaging diagnostico, di cui siamo leader nel mondo, per valorizzare il nostro straordinario patrimonio culturale. Il visitatore verificherà concretamente che le tecnologie per la cura del corpo umano sono anche preziosi strumenti per prendersi cura delle opere d’arte, del loro restauro e della loro conservazione. Con questo progetto interdisciplinare”, conclude Diana Bracco, “offriamo al grande pubblico e in particolare ai più giovani l’opportunità di accedere a dimensioni normalmente invisibili, sotterranee, ma fondamentali. Per questo abbiamo voluto rendere la visita gratuita e aperta a tutti: se la conoscenza diventa un patrimonio condiviso genera un impatto profondo e duraturo nella comunità”. “Questa è una mostra senza oggetti artistici ‘fisici’ – ricorda lo storico dell’arte Stefano Zuffi – ma che restituisce alle opere d’arte la loro essenza di oggetti materiali, con tutte le peculiarità e anche le problematiche degli oggetti fisici. La loro concretezza non toglie niente alla bellezza idealizzata dell’opera creativa del genio, ma non è eterna, deve essere tutelata, protetta, difesa. Le opere d’arte non sono immagini, sono oggetti”. Si va dal preziosissimo mobile dipinto Primo scomparto dell’Armadio degli Argenti (1450 circa) del Beato Angelico al San Nicola da Tolentino (1469 circa) di Piero della Francesca, dal Ritratto di giovane donna (1470-75) di Piero del Pollaiolo alla Madonna della rosa (1490 circa) di Giovanni Antonio Boltraffio. Cento anni dopo, Caravaggio dipinse La buona ventura (luglio 1597) e Riposo durante la fuga in Egitto (primavera 1597), per poi arrivare ai due ritratti secenteschi di Giovanna Garzoni, Ritratto di Carlo Emanuele I di Savoia e Ritratto di Emanuele Filiberto di Savoia (1632-1637). La scelta di utilizzare come immagine guida della mostra proprio quest’opera è frutto di una decisione consapevole e programmatica. “Anche in questo, l’esposizione rende visibile ciò che spesso è rimasto invisibile: l’autorialità femminile, troppo a lungo sottovalutata, negata o dimenticata” sottolinea Diana Bracco. “Scegliere un’opera di Giovanna Garzoni come simbolo della mostra significa anche restituire voce a una donna che, in un’epoca ostile, ha saputo imporsi con forza e rigore. È un omaggio alla libertà creativa e un riconoscimento al lavoro di questa straordinaria artista, in linea con l’impegno di Fondazione Bracco di valorizzare le competenze femminili, dare spazio a nuove prospettive e promuovere una cultura della parità anche attraverso i linguaggi dell’arte e della scienza”. Madonna con il Bambino di Giovanni Antonio Boltraffio 1490 C (analisi diagnostiche in infrarosso falso colore © Fotodarte Giuseppe e Luciano Malcangi)
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