72 Civiltà del Lavoro | settembre • ottobre 2025 ARCHIVIO STORICO oggi, quando consulto un elenco telefonico, me lo ripeto in tedesco. Studiavo un po’ di italiano con mia madre, ma un giorno scrissi “cane” con la K: fu allora deciso che dovevo andare in collegio in Italia. C’era però anche un contesto più drammatico. Eravamo nel 1937-38: la “notte dei cristalli”, l’Anschluss, l’annessione dell’Austria, l’omicidio del cancelliere austriaco. Tutto ciò contribuì alla decisione di farmi studiare in Italia. LA GUERRA E L’ESPERIENZA DELL’OCCUPAZIONE La mia famiglia continuò a spostarsi: Lussemburgo, Olanda. E lì vivemmo l’arrivo dei tedeschi, che occuparono il Paese in poche ore atterrando con gli alianti, mentre gli olandesi avevano allagato i campi per impedire l’avanzata dei carri armati. La regina Guglielmina riuscì appena a fuggire in Inghilterra. Non serviva più una ambasciata italiana e tornammo in Italia. Poi ci trasferimmo in Danimarca, ma anche lì arrivarono le truppe tedesche. A mio padre fu chiesto di rappresentare la Repubblica Sociale di Salò: rifiutò, e per questo fummo internati. Non dietro i fili spinati, ma chiusi in un albergo, dal quale potevamo uscire solo con permesso. Per noi ragazzi non fu un’esperienza felice, ma nemmeno troppo dura. Un collaboratore di mio padre fuggì in barca in Svezia: la moglie era americana, nipote di un presidente degli Stati Uniti, e temeva ritorsioni. Noi fummo rimpatriati su un treno blindato. Ricordo la folla che ci salutava alla stazione: eravamo ormai percepiti come danesi occupati, non più come rappresentanti dei tedeschi occupanti. Portavano provviste, era Natale, e qualcuno ci regalò perfino un pollo arrosto. Questo mi colpì profondamente: gli amici diventavano nemici e viceversa, e io non riuscivo ad accettarlo. Credo che i padri fondatori dell’Europa abbiano vissuto esperienze simili: Schuman, alsaziano, diviso tra Francia e Germania; Adenauer, nato a Colonia al confine con il Benelux; De Gasperi, nato in Trentino austriaco, parlamentare a Vienna. Tutti loro, come me, conobbero la trasformazione improvvisa di rapporti tra popoli. LE PASSEGGIATE CON DE GASPERI Dopo la guerra, mio padre fu nominato ambasciatore a Bruxelles da De Gasperi, allora Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri. In quegli anni si ponevano le basi del Mercato Comune Europeo, grazie anche a Paul-Henri Spaak, figura importante ma oggi poco ricordata. De Gasperi, da buon trentino, amava passeggiare al mattino nei boschi. Mio padre, napoletano, non era incline a simili abitudini: così fui io ad accompagnarlo. Non erano semplici conversazioni, erano vere lezioni di Europa, sull’importanza di un mercato unico. Mi colpirono profondamente e costituirono per me un input decisivo. Quando nel 1957 furono firmati i Trattati di Roma, ero in Piazza del Campidoglio a festeggiare: sembrava un avvenimento di importanza storica. LA NASCITA DELLA POLITICA AGRICOLA COMUNE Più tardi, da presidente di Confagricoltura, frequentai assiduamente Bruxelles. Dopo carbone e acciaio, l’Europa mise mano all’agricoltura. Una scelta non scontata: produrre automobili in un Paese o in un altro non cambia molto, ma coltivare grano o pomodori sì. La Politica Agricola Comune fu una scommessa vinta: da continente deficitario di alimenti, l’Europa divenne eccedentaria. Ma i contributi agricoli pesavano per metà sul De Gasperi, da buon trentino, amava passeggiare al mattino nei boschi. Mio padre, napoletano, non era incline a simili abitudini e così fui io ad accompagnarlo Alfredo Diana (1930 - 2025)
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