Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2025

9 rima la fragile tregua a Gaza, poi l’accordo (vedremo quanto solido) fra Trump e Xi Jinping su dazi e terre rare: due segnali di speranza in un mondo caotico che ha ridotto le certezze e aumentato l’imprevedibilità. Resta da sanare l’enorme ferita dell’aggressione russa all’Ucraina, con il rosario quotidiano di bombardamenti e vittime, di cui non si riesce a vedere la fine. Putin ha sinora rifiutato gli inviti di Trump al cessate il fuoco per avviare le trattative. In compenso, ha esultato per il successo della sperimentazione di due nuovi missili a propulsione nucleare e a gittata praticamente illimitata. Per tutta risposta, Trump ha annunciato la ripresa dei test nucleari che gli Usa avevano bloccato nel 1992. Intanto l’Ue discute l’utilizzo dei 140 miliardi di riserve della banca centrale russa congelate in Belgio per fornire a Kiev nuovi prestiti. In questo quadro internazionale in cui si alternano poche luci e molte ombre, l’economia mondiale rallenta, anche se il rischio di una recessione globale sembra per ora accantonato, e se gli squilibri americani (aumento del deficit e del deficit commerciale) permangono nonostante i dazi che hanno fatto incassare oltre 500 miliardi al tesoro Usa, ma rischiano di rimettere in moto l’inflazione. Ormai è chiaro che con i dazi dovremo convivere a lungo, col rischio di subire ritorsioni improprie da parte della Casa Bianca, come i dazi aumentati sulla pasta per presunti comportamenti commercialmente scorretti da parte di alcuni produttori o come l’aumento delle tariffe al Canada per lo spot pubblicitario canadese in cui Reagan si pronuncia contro i dazi che ha fatto infuriare Trump. Le nostre imprese esportatrici per ora reggono, anche se i timori sono elevati: per questo Confindustria ha chiesto all’Europa misure urgenti per la competitività e al nostro governo un piano triennale di incentivi per gli investimenti da 8 miliardi l’anno (totale 24 miliardi). Nella Legge di Bilancio in corso di discussione in Parlamento sono previste misure parziali che, secondo alcune associazioni imprenditoriali, saranno di difficile utilizzo pratico e avranno dunque un effetto limitato sugli investimenti e sul recupero di produttività, che è il vero problema della nostra economia produttiva. All’aumento dell’occupazione, infatti, non sta corrispondendo un parallelo aumento del Pil, che ristagna allo 0,5%. E questo significa che si creano nuovi posti di lavoro in settori (turismo, ristorazione, servizi) a bassa produttività. Alla lunga, questo rischia di impoverire il Paese, che qualcuno ha definito “di camerieri, cuochi e affittacamere” per l’enorme espansione degli affitti brevi su Airbnb. Sarebbe dunque necessaria una nuova stagione di investimenti innovativi per affrontare la “grande transizione” digitale e ambientale. Ma il governo non ha molte risorse da impiegare a questo scopo perché deve portare a termine il risanamento del bilancio pubblico, portare il deficit sotto il 3% del Pil, uscire dalla procedura europea d’infrazione e utilizzare i benefici concessi dal nuovo Patto di stabilità, a partire dai maggiori limiti per l’indebitamento per le spese per la difesa. In realtà, ci sarebbe una strada per conciliare risanamento dei conti pubblici e maggiori incentivi per gli investimenti: ridurre la spesa pubblica improduttiva e convogliare le risorse verso la crescita. Ma questo comporterebbe una approfondita revisione della spesa pubblica, nazionale e territoriale, una vera “spending review” strutturale, che non si può improvvisare sotto Legge di Bilancio. E richiederebbe un clima politico meno conflittuale e più costruttivo, che purtroppo non si vede all’orizzonte. Anzi, la conflittualità politica è destinata ad aumentare con il referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati che si terrà in primavera, cui seguirà la campagna elettorale per le politiche del 2027. P Civiltà del Lavoro | settembre • ottobre 2025 TRA AUMENTO DELL’IMPREVEDIBILITÀ E SEGNALI DI SPERANZA NAVIGARE nell’incertezza EDITORIALE

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